Sostenibilità è una di quelle parole a cui negli ultimi tempi, volenti o nolenti, siamo stati abituati dal suo uso massiccio in spot pubblicitari, negli ambienti di lavoro e dall’attenzione dei mass media verso le tematiche relative ai cambiamenti climatici. Dal punto di vista di tante aziende il tema della sostenibilità può essere trattato come una foglia di fico o come spinta verso una vera rivoluzione dei processi produttivi, cambiando fino alla radice l’impostazione di aziende che, pur avendo origine in un passato abbastanza remoto, hanno saputo innovarsi e arrivare belle pimpanti fino ai giorni nostri. Nel mondo del Rum esistono realtà produttive estremamente diverse fra loro. In un territorio relativamente ristretto convivono realtà produttive che ancora non hanno la corrente elettrica e veri propri colossi industriali che macinano, anzi distillano, a tamburo battente. Pensando a realtà che ancora trasportano la canna da zucchero appena raccolta su carri trainati da buoi e a produzioni limitate nella quantità il tema della sostenibilità è affrontato all’origine, me se invece buttassimo l’occhio verso le grandi distillerie, soprattutto quelle del centro e sud America?
Il Rum proveniente dal centro e sud America da quaranta anni a questa parte è caratterizzato da uno stile abbastanza simile e omologato. Moderne distillerie con impianti a multicolonna ci hanno abituato a prodotti piuttosto simili fra loro. In mezzo alla giungla normativa per cui non è possibile stabilire cosa ci sia davvero dentro alla bottiglia che acquistiamo ci siamo abituati a trattare i Rum provenienti da paesi come Guatemala, Nicaragua, Panama, etc. come prodotti decisamente mainstream, dal profilo aromatico tendenzialmente dolce e con un approccio che talvolta non è del tutto onesto verso i consumatori. Ci sono però produttori che si sono smarcati da queste pratiche, portando nel nostro bicchiere distillati che hanno una propria identità e un legame profondo con la storia e la cultura dei loro paesi di provenienza. Una di queste aziende è Flor de Cana. La storia di questa distilleria comincia a Genova, città dalla quale nel 1890 la famiglia Pellas parte alla volta del Nicaragua, dove comincerà a coltivare canna da zucchero. Nel 1937 viene fondata la distilleria di proprietà Compañia Licorera de Nicaragua. Siamo di fronte a una delle poche distillerie tuttora funzionanti del centro America in grado di occuparsi della produzione di Rum dall’inizio alla fine del processo. La canna da zucchero è infatti proveniente dalle piantagioni di proprietà e la distillazione avviene a partire dalle melasse derivate dalla produzione dello zucchero di Flor de Cana. L’azienda è gestita ancora oggi dalla quinta generazione della famiglia Pellas che negli ultimi anni ha impostato l’attività produttiva verso la piena eco sostenibilità.
Flor de Cana oggi si è data come obiettivo quello di ridurre al minimo l’impatto ambientale delle proprie attività. Le risorse utilizzate durante l’intero ciclo produttivo di zucchero e Rum sono infatti derivanti da fonti rinnovabili e persino la CO2 prodotta durante i processi di fermentazione è compensata tramite la piantumazione di decine di migliaia di alberi ogni anno. Il mio interesse per Flor de Cana è nato dall’aver partecipato come spettatore, a distanza, alla Flor de Caña’s Sustainable Cocktail Challenge: una competizione fra 30 top bartender che si sono sfidati a colpi di mixology cercando di interpretare lo spirito che spinge Flor de Cana a produrre Rum a zero emissioni. La competizione è stata vinta dal britannico Manachain Monaghan con il suo “Steamship”, un cocktail a zero spreco d’acqua preparato con cacao fatto in casa e lime bitter, liquore al caffè prodotto con chicchi di caffè nicaraguensi riutilizzati, zucchero equo solidale, gocce di soluzione salina e Flor de Caña 12 anni, servito sopra un blocco di ghiaccio su un sottobicchiere di pera disidratata.
Per l’Italia ha partecipato Nicola Romiti di Tinto Cocktail Bar (Fano) che ha potuto presentare la sua creazione davanti a una giuria di veri esperti del settore. Senza togliere niente a nessuno vorrei citare i più famosi: Salvatore Calabrese, ‘The
Maestro’, dal The Donovan Bar di Londra; Julio Cabrera dal Café La Trova di Miami; e Hannah Sharman-Cox e Siobhan Payne, co-proprietarie e organizzatrici della London Cocktail Week. Ogni cocktail è stato valutato sulla base di quattro criteri: componente sostenibile, sapore e aspetto, creatività e infine storia e ispirazione. Sicuramente la sostenibilità ambientale è importante, belle le competizioni che spingono i bartender a reinventare persino il sottobicchiere ma il punto è: è tutto fumo o c’è anche l’arrosto? Quando mi approccio a Rum di questo tipo (multicolonna con provenienza latino americana) sono sempre titubante. La questione interessante è capire se questo tipo di prodotti può ancora dire la sua in un mercato che sta apprezzando sempre più prodotti particolari e dal profilo aromatico completamente diverso.
Da anni i Rum Flor de Cana sono presenti nei menù di moltissimi locali, dai ristoranti ai pub, e si presentano spesso come la scelta meno deludente in mezzo ad un mare di proposte che sono sempre le stesse. In questi ultimi anni il mio gusto personale è cambiato in fatto di distillati e di Rum, ma ho deciso di confrontarmi di nuovo con il Flor de Cana 7 anni e il Flor de Cana 12 anni, dopo averli distrattamente bevuti nelle uscite con amici. Inizio subito dicendo che l’invecchiamento di questi due Rum è realmente quello indicato in etichetta, invecchiamento tropicale con un angel share che si attesta attorno al 6% annuo. L’invecchiamento di entrambe le etichette avviene in botti ex bourbon e non vi sono aggiunte di aromi, coloranti o zucchero: solo per questo gli andrebbe data una possibilità.
Flor de cana 7 anni
Siamo di fronte ad un campione di vendite, dal prezzo contenuto e dalla facilissima reperibilità sia nei bar che nella grande distribuzione. Si tratta di un Rum invecchiato interamente in clima tropicale per 7 anni. Come si comporta nel bicchiere?
👃 La prima impressione è sicuramente alcolica, ma c’è dell’altro. Infatti un piacevole sentore di legno emerge abbastanza chiaramente insieme a note di caramello non troppo bruciato. Ci sono anche richiami più leggeri, come di mela rossa, ma ammetto che ho fatto fatica a decifrare la sensazione finchè non ho assaggiato il fratello maggiore.
👅 L’inizio è dolce ma non troppo, alcool presente ma non invadente. Emerge anche un che di speziato. La bevuta si conclude con un note amarognole che richiamano il cioccolato fondente.
♨️ Forse la parte che mi ha sorpreso di più, per il tipo di prodotto le note di cioccolato fondente permangono più del previsto.
Flor de cana 12 anni
Prodotto piuttosto famoso, non c’è dubbio. Invecchiamento di 12 anni in clima tropicale. E’ stato interessante assaggiare questa edizione subito dopo il 7 anni. Vediamo perchè.
👃 Ci sono due livelli ben distinti, il primo è caratterizzato da caramello più pesante rispetto al fratello minore. Anche le spezie sono più intense, con un bel sentore di cannella. Il sentore che sulla versione 7 anni mi era difficile identificare qui è più evidente: si tratta di mela candita. Nella parte alta del bicchiere vengono fuori profumi più leggeri e floreali.
👅 La sorpresa vera è proprio qui, il gusto è completamente diverso da come te lo saresti immaginato basandoti sulle note olfattive. Parte lievemente dolce ma vira sul secco quasi subito, con le spezie che fanno quasi pizzicare la lingua. Anche qui emergono note bitter di cioccolato fondente.
♨️ Il finale è mediamente lungo ma piacevole, amarognolo al punto giusto.
Sui gusti personali non si può discutere, se cercate un Rum funky o con note oleose cambiate genere. Sulla qualità di questi due prodotti però non credo ci sia da poter argomentare. Sono due Rum limpidi, non troppo complicati, ma sinceri. Potrebbero essere l’ideale sia per chi si vuole avvicinare a dei gusti autentici e non zuccherosi, ma non solo. La loro facile bevibilità unita a chiare note olfattive e gustative sarà sicuramente apprezzata anche da chi, ogni tanto, vuole concedersi un dram facile ma non scontato. Insomma, visto il loro rapporto qualità prezzo, assolutamente consigliati!
Concludo ritornando a parlare brevemente della Flor de Caña’s Sustainable Cocktail Challenge. Chiaramente ogni azienda si occupa di sponsorizzare i propri prodotti come meglio crede. In una marea di packaging ammiccanti, mirabolanti promesse in etichetta, rimandi a chissà quali alchimie ancestrali devo ammettere che l’idea di una competizione rimane, a mio modesto avviso, il tipo di comunicazione che più incarna lo spirito del Rum: la convivialità. Si potrebbe fare un paragone con le corse automobilistiche, forse un po’ eccessivo, ma il concetto che sta alla base di questo tipo di eventi è interessante perchè in un modo o nell’altro viene portata avanti una certa sperimentazione e ricerca. Diciamoci la verità, chi di noi avrebbe mai pensato ad un sottobicchiere fatto di pera disidratata? Non ci resta che aspettare l’edizione 2022 della Flor de Caña’s Sustainable Cocktail Challenge, intanto cheers!